Il tentato colpo di stato a La Paz e le tensioni in Bolivia

Mercoledì 26 giugno la Bolivia è stata scossa da un tentativo di colpo di stato. Le forze armate, guidate dal generale Juan José Zúñiga, si sono radunate a Plaza Murillo e hanno lanciato un assalto al palazzo presidenziale con l’obiettivo di rovesciare il governo del Presidente Luis Arce.

Il tentato golpe è durato solo tre ore perché il Presidente Arce ha tempestivamente mandato un messaggio alla nazione: «Oggi è convocato il popolo boliviano. Abbiamo bisogno che si organizzi e si mobiliti a favore della democrazia contro il colpo di Stato in atto». La risposta del popolo non è tardata ad arrivare, con centinaia di sostenitori che si sono radunati nella piazza fuori dal palazzo sventolando bandiere e cantando l’inno nazionale.

Ciò che maggiormente ha segnato il fallimento del golpe è stata la rimozione, per mano del Presidente, del generale Zúñiga. Il comando delle forze armate è stato consegnato nelle mani di José Wilson Sanche che ha dichiarato: «Ordino che tutto il personale mobilitato per le strade ritorni nelle proprie unità. Chiediamo che il sangue dei nostri soldati non venga versato».

Prima dell’assalto al palazzo presidenziale, Zúñiga aveva parlato ai giornalisti condannando la cattiva gestione dello stato e l’incapacità del governo di fronteggiare la crisi economica. Il paese, con 12 milioni di abitanti, versa in condizioni pessime: il boliviano è svalutato, le riserve della banca centrale sono esaurite e l’export di idrocarburi è fermo. Inoltre, nel 2023 si sono aperte delle questioni riguardo a dei grandi giacimenti di litio, la cui gestione è stata affidata dal Presidente Acre ad aziende cinesi (Citic Guoan) e russe (Uranium One). Questa situazione di difficoltà economica fa da sfondo alle tensioni per le prossime elezioni generali del 2025, con l’ex presidente socialista Evo Morales deciso a candidarsi contro l’ex alleato Arce (entrambi appartenenti al partito Movimento per il Socialismo).

Proprio l’ex presidente Morales ha commentato il fallito golpe definendolo uno “show”, un “auto-golpe” inscenato dal Presidente per guadagnare maggiore popolarità. Lo stesso golpista Zúñiga, che oggi rischia 20 anni di carcere, ha dichiarato ai giornalisti che sarebbe stato il Presidente Arce a incaricarlo di assaltare il palazzo, come mossa politica per consolidare il potere. Il ministro della Giustizia Iván Lima ha risposto al destituito generale, accusandolo di dire menzogne per cercare giustificazioni.

La comunità internazionale ha in ogni modo condannato il tentativo di golpe: dall’Unione Europea agli Stati Uniti, fino a Cuba. Anche il Nunzio Apostolico in Paraguay, Monsignor Vincenzo Turturro, in occasione dell’Assemblea generale dell’Organizzazione degli Stati Americani (Osa), ha detto di «deplorare e condannare» il tentativo di colpo di mano. Inoltre, la Conferenza Episcopale Boliviana ha aggiunto in un comunicato: «Di fronte agli eventi accaduti oggi, alla presenza militare nelle vicinanze del Palazzo del Governo, ripudiamo qualsiasi azione che vada contro il disturbo della stabilità democratica del nostro Paese».

Il Sud America si è dimostrato negli anni un continente dove l’instabilità politica permane e i colpi di stato rimangono frequenti. La corruzione, l’ingiustizia e la povertà sicuramente non aiutano a stabilizzare la situazione politica già complicata. A tal proposito, sempre durante la riunione dell’Osa, Monsignor Turturro ha aggiunto come l’America latina non possa crescere «senza investire nello sviluppo integrale di ogni persona, soprattutto dei poveri e dei vulnerabili» perché «l’iniquità non è inevitabile».