I codici di Nag Hammadi con i vangeli apocrifi

da Il Sole 24 Ore – 4 agosto 2024 – di Gianfranco Ravasi.

In questo articolo il Cardinale Gianfranco Ravasi ci parla della prima e rigorosa traduzione italiana ad opera di una ventina di studiosi dei libri papiracei trovati nell’Alto Egitto, che coprono un variegato spettro di testi e scuole di pensiero tra II e III secolo.

A 38 anni nel 1928, Agatha Christie sposava in seconde nozze un noto archeologo, sir Max Mallowan, che l’avrebbe condotta con sé nelle sue campagne di scavi in Mesopotamia. La celebre giallista in un’intervista riconosceva che il progressivo sciogliersi della tensione nei suoi romanzi aveva trovato un parallelo nella sequenza delle operazioni stratigrafiche che approdavano alla scoperta di un reperto importante. Ora, la vicenda squisitamente archeologica e filologica che è alla base del volume che stiamo presentando ha proprio la trama di un giallo.

Tutto inizia nel dicembre 1945 e prosegue nei mesi successivi. In un remoto villaggio dell’Alto Egitto, presso la città di Nag Hammadi, alcuni braccianti stanno estraendo dal sottosuolo un fertilizzante naturale. All’improvviso, sotto le pale, ecco apparire un orcio di ceramica sigillato: aperto, si rivela colmo di libri papiracei rilegati in cuoio. Il caposquadra sequestra per sé il tesoro e lo colloca nella sua modesta abitazione ove senza imbarazzo sua madre, quando deve appiccare il fuoco al focolare, non esita a strappare alcuni di quei fogli.

Un giorno quell’operaio viene coinvolto in una faida di sangue e, costretto alla fuga, si assicura qualche guadagno piazzando quei testi presso alcuni antiquari. Sembra una leggenda, ma uno di questi codici giungerà fino a casa di Jung, sì, il celebre psicoanalista, come dono offertogli per un compleanno! Fu solo dieci anni dopo la scoperta, nel 1955, che dodici di quei codici (più alcuni fogli di un tredicesimo manoscritto) furono ricomposti in unità presso il Museo Copto del Cairo perché copta era la lingua in cui erano stati vergati tra il IV e il V secolo, mentre bisognerà attendere fino agli anni 50 del secolo scorso per l’allestimento di edizioni critiche.

Ecco ora tra le nostre mani la prima e rigorosa traduzione italiana integrale di quei codici ad opera di una ventina di studiosi guidati da due docenti dell’Università di Bologna, Andrea Annese e Daniele Tripaldi, e da Francesco Berno della Sapienza di Roma. Una giusta menzione merita l’editore Carocci che da tempo sta coinvolgendo studiosi qualificati per la presentazione al pubblico italiano di una serie di testimonianze teologiche e letterarie dei primi secoli cristiani.

Nel perimetro ridotto del nostro spazio è possibile soltanto rivolgere un appello a un pubblico più ampio e non solo specialistico per intraprendere una sorta di pellegrinaggio culturale e spirituale in un orizzonte colorato come un arcobaleno. In quei codici sono, infatti, custoditi scritti di solito rubricati sotto l’etichetta di “gnostici”, un ombrello un po’ generico, che ha il vantaggio di essere una categoria euristica tradizionale ma che copre un variegato spettro di testi e di scuole di pensiero fioriti tra il II e il III sec. La polimorfia si rivela anche nei generi: si va da Vangeli apocrifi a trattati teologici, dalle “apocalissi” a scritti ermetici, da raccolte di detti sapienziali fino a un frammento in copto nella Repubblica di Platone.

Solo a titolo esemplificativo, proponiamo il più famoso di questi testi, il Vangelo secondo Tommaso, 114 lóghia o detti di Gesù, alcuni registrati anche nei Vangeli canonici. Tre sono gli attori che entrano in scena. C’è innanzitutto una voce narrante che introduce i vari lóghia con la formula: «Disse Gesù…». Si ha poi l’apostolo Tommaso che reca anche il nome di Giuda e la resa greca del significato di Thômàs, “gemello”, quindi Didimo, termine usato nei suoi confronti anche dal Vangelo di Giovanni (11,16; 20,24; 21,2). Quest’ultimo lo presenta come personaggio centrale in una delle apparizioni di Cristo risorto, sotto lo scorcio simbolico del dubbioso (20,19-29), al contrario di quanto accade nell’apocrifo ove è l’emblema del vero discepolo. Infine, domina il protagonista Gesù.

Facciamo gustare tre lóghia. Il primo reca il n. 25 ed è un’esaltazione del precetto dell’amore: «Disse Gesù: Ama il tuo fratello come la tua anima, custodiscilo come la pupilla del tuo occhio». Il secondo è in realtà l’ultimo della raccolta, è in bocca a Simon Pietro ma con una replica di Gesù (n. 114), entrambi sconcertanti per l’aspro antifemminismo, testimonianza di ambiti estremi del cristianesimo delle origini. «Disse loro Simon Pietro: Maria deve lasciarci, perché le donne non sono degne della vita! Disse Gesù: Ecco, io la attirerò così che possa renderla maschio, affinché anche lei possa diventare uno spirito vivente, simile a voi maschi. Poiché ogni donna che si farà maschio entrerà nel regno dei cieli».

Infine, un terzo detto dotato di una potenza espressiva straordinaria. «Disse Gesù: Mi sono levato in mezzo al mondo e mi sono manifestato loro nella carne. Li ho trovati tutti ubriachi; non ho trovato alcuno tra loro che fosse assetato. E la mia anima ha provato dolore per i figli degli uomini perché sono ciechi nel loro cuore e non sono in grado di vedere; poiché, venuti nel mondo vuoti, cercano di uscirne ancora vuoti. Ma ora sono ubriachi: quando metteranno da parte il loro vino, allora si ravvederanno» (n. 28).

Di grande rilievo sono anche altri testi, come il Vangelo di Filippo la cui lettura è guidata – come negli altri casi – da una sobria ma puntuale introduzione, e come l’Apocrifo di Giovanni, presente a Nag Hammadi in triplice copia, e considerato un classico dello gnosticismo, desideroso di completare la “rivelazione” del quarto Vangelo canonico e di “correggere” la Genesi biblica. A sorpresa esso occhieggerà nientemeno che nella trilogia della saga cinematografica The Matrix, Reloaded Revolutions (1999-2003) di Andy Wachowski, e nel film Vanilla Sky (2001) di Cameron Crowe, con Tom Cruise, Penelope Cruz e Cameron Diaz.