Così la Bibbia divenne bestseller

da Il Sole 24 Ore – 15 settembre 2024 – di Gianfranco Ravasi.

In questo articolo il Cardinal Ravasi focalizza la sua attenzione sul lavoro di due ricercatrici, Ereminia Ardissino e Élise Boillet, che hanno analizzato la produzione biblica a partire dalla prima edizione identificata (1462) fino a quelle della prima metà Seicento.  

Il genere della “recensione” – dal latino recensere, «esaminare, vagliare attentamente» – ossia l’esame critico di un’opera di recente pubblicazione, può avere diversi livelli soprattutto secondo il giornale o la rivista su cui appare. Nel caso del nostro supplemento: pur nel rigore dell’analisi, la selezione stessa dei volumi e il loro vaglio critico suppongono un destinatario qualificato ma non necessariamente specialistico. Tuttavia, in qualche caso è possibile proporre opere di alta ricerca, anche perché tra i nostri lettori sono non di rado presenti studiosi qualificati o responsabili di grandi biblioteche.

Questa premessa fa da cornice a un imponente repertorio che due importanti studiose hanno allestito per una delle più prestigiose editrici, nota a tutti i ricercatori di materie umanistiche, la Brepols di Turnhout, una città belga, a una quarantina di chilometri da Anversa. A elaborare questo strumento – che appunto non dovrebbe mancare nelle biblioteche universitarie o di istituti teologici e di scienze religiose – sono Erminia Ardissino, dell’ateneo torinese, una figura di primo piano negli studi di italianistica con particolare sensibilità sul rapporto tra letteratura ed esperienza religiosa, e la francese di Tours Élise Boillet, cultrice di letteratura italiana rinascimentale, i cui scritti ho avuto occasione di incrociare in passato per i comuni interessi sul Salterio biblico e i relativi commentari italiani tra il Quattrocento e il Seicento.

Ora, l’obiettivo delle due studiose è puntato sulla produzione biblica a stampa dalla prima edizione identificata (1462) fino a quelle di metà del Seicento. Forse dovremmo usare la metafora del microscopio, perché la loro ricerca diacronica è riuscita a scovare e a schedare ben 4.097 testi, scanditi secondo un arcobaleno di approcci: si va dall’esegesi all’uso liturgico e devozionale, dall’omiletica alle applicazioni morali, dal taglio educativo-catechetico alla trattatistica, dalla narrazione alla creazione letteraria. Ciò che sorprende a prima vista è proprio l’arco storico che scavalca anche la Riforma protestante: è, infatti, impressionante registrare una tale diffusione biblica anche antecedente, capace di smentire lo stereotipo di un cattolicesimo italiano alieno alle Scritture.

Certo, la ramificazione di questi scritti era spesso settoriale, la lettura parafrastica era sottoposta a un’ermeneutica apologetica, la selezione era mirata, la censura ecclesiastica vegliava e sforbiciava e, qualche fondamento poteva avere la stizzita reazione di Lutero che nei suoi Discorsi a tavola affermava: «In Italia la S. Scrittura è così dimenticata che rarissimamente si trova una Bibbia». In controtendenza impressionano, perciò, questo elenco e il successo della prima Bibbia tradotta in volgare dal frate camaldolese Nicola Malerbi (o Malermi), pubblicata a Venezia nel 1471. Si apriva, così, una tradizione che – come ha dimostrato Edoardo Barbieri coi suoi due tomi sulle Bibbie italiane del Quattrocento e del Cinquecento (Bibliografica 1991-92) – rese la Bibbia in volgare quasi un “bestseller”.

La guida per procedere in questa foresta testuale è delineata nell’introduzione che, tra l’altro, illustra accuratamente la tipologia delle varie schede e giustifica il perimetro cronologico adottato. Segnaliamo, inoltre, che questo repertorio s’iscrive nell’interessante progetto generale sull’accesso ai testi biblici da parte dei laici, The Laity and the Bible. Religious Reading in Early Modern Europe, affidato all’università di Tours dal 2015. La selezione primaria operata dalle due studiose si muove sostanzialmente lungo due binari: le traduzioni e le volgarizzazioni (o rifacimenti esplicativi) del testo sacro. In realtà, pur nella loro distinzione, i due procedimenti praticano un metodo analogo, quello della riscrittura, anche se a differente intensità.

Naturalmente, molto più complessa è la determinazione dei soggetti da catalogare quando si entra nel terreno molle dei testi religiosi genericamente di argomento biblico. Infatti, se le traduzioni e le stesse volgarizzazioni obbediscono a canoni ben definiti, qui ci si trova di fronte a quella fioritura di generi sopra descritti che procedono lungo un retelling the Bible con finalità omiletiche, parenetiche, catechetiche, didattiche, devozionali e fin poetiche. Si riesce per questa via a comprendere come la ricerca delle due studiose abbia un esito ulteriore rispetto al puro scavo nel «giacimento» testuale di ispirazione biblica. È, infatti, in filigrana un modo per decifrare l’evolversi della società e della cultura europea in quell’ampia fase storica, un’epoca di cambiamenti, anzi, in un cambiamento d’epoca.

Come scrivono le autrici, si vuole offrire «uno strumento innovativo e versatile per l’esplorazione di una produzione editoriale rimasta ancora largamente sottovalutata ed inesplorata». Esso si trasforma – come si diceva – anche in uno sguardo sulla storia politico-religiosa delle istituzioni ecclesiali, dei movimenti religiosi, della spiritualità popolare, della stessa storia letteraria e artistica in Italia e in Europa. Una grandiosa triade di indici finali si tramuta in una sorta di mappa di questo orizzonte editoriale, mentre le singole schede, oltre all’autore e al titolo, allegano una messe di dati e note necessarie.

Per curiosità, ricordiamo che il primo testo rubricato è una Passio Christi anonima, in italiano, databile 1462-63, proveniente dall’Italia settentrionale, frammentario (12 capitoli sui 17) con illustrazioni a tutta pagina, mentre nell’anno della Riforma di Lutero, il 1517, i testi repertati sono 21 tra i quali brillano due edizioni della citata Bibbia volgare del Malerbi e un paio di pubblicazioni di prediche bibliche di Girolamo Savonarola.

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