Che cosa ci dicono oggi le stimmate

da Il Sole 24 Ore – 26 maggio 2024 – di Gianfranco Ravasi.
In questo articolo il Cardinal Ravasi ci presenta una monografia con otto saggi in inglese e tre in italiano analizza, con l’approccio di discipline differenti, la fenomenologia di tali esperienze e figure quali padre Pio, Katharina Emmerick o s. Gemma Galgani.

«Io porto tà stígmata di Gesù nel mio corpo». È l’ultima riga, prima del saluto finale, che Paolo scrive nella Lettera indirizzata ai Galati (6,17). In essa appare un vocabolo greco, hapax, nel Nuovo Testamento, che ha generato il nostro “stimmate”. Un plurale tantum che nasce da stígma e dal verbo stízo, «pungere, marchiare a fuoco». Attraverso un marchio impresso sulla carne viva si identificavano nell’antichità gli animali e gli schiavi fuggitivi e ripresi, come segno di proprietà. Non mancava anche una prassi rituale per gli addetti al culto nei templi. Un cupo e infame ricordo è, invece, quello dei nazisti che incidevano sulla pelle dei condannati ai lager un numero o una sigla.

È probabile che l’Apostolo voglia evocare i segni delle flagellazioni da lui subite e delle varie prove attraversate durante la sua missione: una descrizione vivace è nel c. 11 della Seconda Lettera ai Corinzi. Paolo, però, considera queste cicatrici come un segno glorioso. Nello stesso brano autobiografico dello scritto ai cristiani di Corinto c’è anche un’altra tipologia antitetica di marchio, «una spina nel fianco, un inviato di Satana per percuotermi, perché non monti in superbia» (12,7).

Potremmo, quindi, dire che nel corpo di Paolo bruciano quasi due “stimmate”, quella gloriosa di Cristo simile alle sue piaghe di crocifisso, e lo skólops, un altro hapax, «spina» ma anche «palo», una tortura diabolica. Quale essa sia è oggetto di ipotesi diverse. Per alcuni si tratterebbe di una malattia fisica, per altri di una turba psichica, per altri ancora di una debolezza morale, un demone o una persona avversaria ricattatrice. C’è chi la riduce a un livello teologico più generale, ossia la resistenza degli Israeliti, fratelli di Paolo «nella carne», alla fede cristiana. Noi pensiamo più spontaneamente a un disturbo fisico umiliante con accessi bruschi e imprevedibili; certamente non è l’omosessualità, come immaginava Pasolini nel suo progetto di un film non realizzato sull’Apostolo. È, comunque, rilevante la ripetuta successiva dichiarazione di Paolo che vede nel vuoto miserabile della sua carne debole l’irrompere della potenza di Cristo: «Ti basti la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Nella tradizione ecclesiale successiva, le stimmate – oltre al prototipo delle cinque piaghe dei piedi, delle mani e del costato di Cristo crocifisso – sono entrate nella sintomatologia delle varie esperienze mistiche come ridondanza somatica della vicenda interiore spirituale. Chi non ricorda le stimmate di san Francesco d’Assisi e la relativa iconografia, oppure quelle, spesso fotografate, di san Pio da Pietrelcina? Certo, la decifrazione della causa genetica di un simile fenomeno non ha mobilitato solo i teologi e gli storici, ma anche medici, psichiatri e psicologi (emorragie fisiologiche, isterismo, autosuggestione?).

Questa lunga premessa è necessaria per rimandare a una monografia dedicata proprio alle «percezioni del sacro sul corpo sofferente: stigmate e stigmatizzati fra XIX e XX secolo». Essa costituisce il nerbo del XXXVI volume dell’Archivio Italiano per la storia della pietà, fondato da quello straordinario sacerdote e intellettuale che fu don Giuseppe de Luca (1898-1962), grande studioso della storia della spiritualità alta e popolare. Non possiamo qui segnalare la sequenza dei saggi – otto in inglese e tre in italiano – i cui autori rivelano una militanza in discipline differenti (teologia, storia, antropologia, agiografia, etnologia, semiotica).

Ad approcci di taglio epistemologico si accompagnano studi sulla fenomenologia di tali esperienze, così come non manca l’entrata in scena di figure famose: si pensi, ad esempio, oltre al citato padre Pio, alla monaca agostiniana tedesca Katharina Emmerick (1772-1824) che ebbe come discepolo ed “esegeta” delle sue visioni e delle sue stimmate lo scrittore romantico Clemens Brentano, e alla lucchese santa Gemma Galgani (1878-1903) che ha lasciato nelle lettere e negli scritti spirituali un’attestazione autobiografica dei suoi fenomeni mistici. Lo sguardo degli autori si allarga anche ad altri ambiti nazionali, come la Gran Bretagna, l’Olanda, la Spagna, la Francia.

Per stare più vicini a noi, vorremmo citare due studi piuttosto curiosi. Da un lato si vaglia la reazione dell’allora S. Uffizio nei confronti degli stigmatizzati italiani tra il 1800 e il 1950, nell’intento di arginare una dilagante «invasione mistica» esondante oltre i perimetri del controllo e delle verifiche ecclesiastiche. In particolare, vengono presentate due figure. Innanzitutto la contadina maceratese Ester Moriconi (1875-1937), una miracolata divenuta una «macchina da miracoli». E, successivamente, Elena Aiello (1895-1961), stigmatizzata anche sul capo, monitorata con occhio critico dal dicastero vaticano (un esperto non di rado convocato in questi casi era il celebre padre Agostino Gemelli, fondatore dell’Università Cattolica, pronto a smitizzare simili fenomeni), ma nel 2011 beatificata sotto papa Benedetto XVI.

D’altro lato, altrettanto coinvolgente è un dato costante, quello dei prodigi ematici di Madonne e Crocifissi sanguinanti. Nel volume vengono presi in esame due eventi degli anni 30, il Crocifisso grondante sangue di Asti e le mariofanie di Voltago (Belluno). È interessante notare che sempre attorno a questi fenomeni si aggrega una folla che anela alle ierofanie e al sacro esasperato, mentre l’autorità ecclesiastica fatica ad arginare, contenere e vagliare queste ondate di adesione ingenua.

A questo punto, si dovrebbe aprire il grande capitolo generale sul pianeta della mistica ma anche della devozione popolare che, nonostante l’irrompere della tecnologia, rivela il bisogno di un Oltre e Altro purtroppo, spesso, mal saziato e inevaso dalle Chiese. Anzi, talora dirottato da personaggi oscuri e ciarlatani lungo traiettorie degenerate, come anche le cronache attuali insegnano. Non a torto il filosofo David Hume ammoniva che «gli errori della filosofia sono sempre ridicoli, gli errori della religione sempre pericolosi».