L’apostolo delle genti ci cammina incontro

da Il Sole 24 Ore – 13 ottobre 2024 – di Gianfranco Ravasi.

In questo articolo trovate una parte dell’introduzione del nuovo libro del Cardinal Ravasi “Ero un blasfemo, un persecutore e un violento. Biografia di Paolo”. L’autore interpella il presente attraverso il profilo bifronte del teologo e del pastore e grazie a una vasta mappa documentaria sulla vita iniziata a Tarso e conclusasi a Roma. 

«Abbozzo di sceneggiatura per un film su San Paolo (sotto forma di appunti per un direttore di produzione […] Roma, 22-28 maggio 1968». Così Pier Paolo Pasolini presentava un progetto che avrebbe ripreso nel 1974 e che sarebbe stato edito postumo nel 1977, mai però realizzato. Desideriamo collocarlo quasi a fondale del nostro itinerario nel mondo personale e ideale di colui che è stato definito l’Apostolo per eccellenza, perché è quasi un invito a staccare Paolo da un mosaico absidale o dalle pagine agiografiche o dai saggi rigorosamente esegetici per farlo scendere nel nostro presente secolarizzato. Raccogliamo, perciò, in una sintesi essenziale la sostanza dell’«abbozzo» del regista, basandoci sulle sue stesse parole e ricordando che il soggetto era stato richiesto da un sacerdote, don Emilio Cordero, direttore della San Paolo Film.

Paolo viene riportato sulla scena del fremente 1967-1968, in un orizzonte planetario che ha sostituito come centro rispetto a Roma le nuove capitali dell’imperialismo e del colonialismo moderno, New York e Washington. Il cuore religioso e intellettuale non è più Gerusalemme, ma Parigi. All’Atene di allora si sostituisce la Roma di oggi con la sua grande tradizione storica. Antiochia per analogia dovrebbe essere Londra, capitale di un impero antecedente alla supremazia americana, così come l’impero macedone-alessandrino aveva preceduto quello romano. E alla navigazione paolina nel Mediterraneo ubentrano i voli intercontinentali sull’Atlantico.

Lasciamo la voce direttamente al regista che quattro anni prima aveva portato sullo schermo quel capolavoro che è Il Vangelo secondo Matteo (1964): «Paolo è qui, oggi, tra noi. Egli demolisce rivoluzionariamente, con la semplice forza del suo messaggio religioso, un tipo di società fondata sulla violenza di classe, l’imperialismo, lo schiavismo […]. Il film, però, rivelerà la contrapposizione tra “attualità” e “santità”: il mondo della storia che tende, nel suo eccesso di presenza e di urgenza, a sfuggire nel mistero, nell’astrattezza, nel puro interrogativo; e il mondo del divino che, nella sua religiosa astrattezza, al contrario, discende tra gli uomini, si fa concreto e operante».

Pasolini, però, proprio in questo ingresso nella concretezza storica del messaggio e dell’opera paolina vedrà paradossalmente non l’incarnazione del divino ma quasi del satanico perché per tale via si genererà la struttura di potere della Chiesa che offusca e comprime il vento dello spirito evangelico. L’Apostolo è, quindi, un santo che si trasforma in gerarca. Noi, però, vorremmo raccogliere la vera provocazione dell’autore delle Lettere luterane, quella di interpellare il nostro presente attraverso il profilo bifronte di teologo e di pastore di Paolo, nel quale mente e cuore s’intrecciano.

Un esegeta svizzero, Daniel Marguerat, nel 2023, dopo anni di ricerca dedicati all’Apostolo ha pubblicato a Parigi un ritratto suggestivo intitolato Paul de Tarse. L’enfant terrible du christianisme, subito tradotto anche in italiano. L’Apostolo effettivamente ha scosso la nascente cristianità con la potente creatività del suo pensiero e la passionalità della sua azione. Dopo l’agevole (almeno apparentemente) composizione della Biografia di Gesù secondo i Vangeli che abbiamo proposto nel 2021, ora il percorso che stiamo per intraprendere offrendolo ai lettori è arduo. Ne erano consapevoli gli stessi primi cristiani, come osservava l’autore della Seconda Lettera di Pietro: «Il nostro carissimo fratello Paolo vi ha scritto, secondo la sapienza che gli è stata data, in tutte le sue lettere […]. In esse vi sono punti difficili da comprendere, che gli ignoranti e gli incerti travisano, al pari delle altre Scritture, per loro propria rovina» (3,15-16).

Il suo lascito è affidato a un epistolario di tredici lettere che, come vedremo, in alcuni casi possono essere sbocciate indirettamente da un’eco della sua voce. Il corpus è, comunque, imponente e la statistica lo attesta: esso, infatti, totalizza 32.303 parole greche (salvo alcune varianti) sulle 138.020 dell’intero Nuovo Testamento e rispetto alle 64.327 dei Vangeli. Si va dalle 7.094 parole della Lettera ai Romani (per comparazione, si pensi che il Vangelo di Marco è di 11.229) alle 328 del “biglietto” che è indirizzato all’amico Filemone. A impressionare ulteriormente è la sterminata bibliografia che ha accompagnato nei secoli quelle parole, tenendo conto anche del fatto che Paolo è protagonista nel racconto della seconda parte degli Atti degli apostoli (cc. 16-28), l’altra opera dell’evangelista Luca.

Ne sono testimoni gli elenchi bibliografici che allegheremo a livello generale e alle singole Lettere: sono solo le pubblicazioni in lingua italiana recenti che durante vari anni abbiamo letto o consultato. Esse possono generare una sensazione di straniamento, quasi come fossimo davanti a un delta dalle mille ramificazioni dell’unico fiume. Basti solo un esempio di questa esperienza di lettura. Un’importante neotestamentarista domenicano dublinese, vissuto però a Gerusalemme, Jerome Murphy-O’Connor (1935-2013), nel 1996 ha pubblicato con la Oxford University Press la biografia Paul. A Critical Life: la versione italiana presso Paideia nel 2003, Vita di Paolo, si è articolata in 472 pagine delle quali oltre una trentina sono di bibliografia. Si è, così, di fronte a una grandiosa mappa documentaria delle tappe di una vita iniziata a Tarso e conclusa a Roma, uno scavo storico-critico impressionante che sembra scoraggiare chi voglia intraprendere una nuova ricerca.

Tags: