Il Cubismo si specchia nella teologia

da Il Sole 24 Ore – 28 luglio 2024 – di Gianfranco Ravasi.
In questo articolo il Cardinale Gianfranco Ravasi ci presenta un saggio di Luigi Missaglia che, partendo dalla «Crocifissione» di Picasso, spiega che il movimento dimostrò «la riflessione sulle grandi tragedie di quegli anni, la chiara presa di posizione a favore dell’uomo, l’esplicitazione del grido angosciato»

È rimasto nel suo appartamento fino alla morte come quadro votivo o forse solo come un talismano. Era un dipinto a olio sul compensato di 51,5 x 66 cm e il soggetto era la Crocifissione. Forse per molti è una sorpresa apprendere che il pittore in questione era nientemeno che Picasso, classificato di solito come agnostico in questioni di fede. In modo altrettanto inatteso quest’opera – datata 7 febbraio 1930 – era uscita nel 2003 dal Musée Picasso di Parigi, ove era custodita per approdare nel Pantheon a Roma: in occasione del XXV di pontificato di Giovanni Paolo II, si era infatti allestita una mostra intitolata «La Madonna nell’arte contemporanea», e l’immagine era stata assunta nella stessa copertina del catalogo.

Comprendere l’iconologia di questo dipinto così affollato ed estraneo all’iconografia classica è un’impresa piuttosto ardua e può sconcertare chi non ha nessuna conoscenza della grammatica stilistica cubista. Per fortuna è recentemente apparso un saggio a più mani che offre non solo un’accurata esegesi critica e un’interpretazione dell’opera ma che allarga lo sguardo all’intero fenomeno del cubismo secondo un curioso approccio teologico. A quest’ultima ermeneutica si dedica un testo di un giovane teologo padovano, Luigi Missaglia, scomparso a soli 39 anni nel 2006 per un arresto cardiaco.

Le sue pagine rivelano una forte sensibilità nei confronti dei nuovi percorsi dell’arte contemporanea. Esse sono colorate di un ottimismo forse troppo entusiasta nello stabilire un legame di quest’arte con la fede cristiana. Egli scrive: «La teologia avrebbe molto da dire al cubismo proprio perché apporterebbe al discorso tematiche che esso non ha affrontato», e qui rimanda alla rilettura cristiana dello «scacco della bellezza» nel male, il dolore, la morte, come appunto accade nella crocifissione di Cristo che è però aperta alla risurrezione. E continua: «Anche il cubismo avrebbe molto da dire alla teologia: la sua riflessione sulle grandi tragedie che in quegli anni sconvolsero il mondo, la chiara presa di posizione a favore dell’uomo, l’esplicitazione del grido angosciato».

Forse Missaglia pecca un po’ di concordismo, ma è vero che quello da lui indicato può essere un terreno di dialogo tra arte e fede, come per altro è avvenuto per secoli e che solo nel Novecento si è trasformato in un divorzio dagli effetti negativi per entrambi gli attori. Ma ritorniamo alla Crocifissione di Picasso e alla sua decifrazione. Nel volume a cui rimandiamo, accanto al teologo padovano, entra in scena una docente della Pontificia Università Gregoriana, Yvonne Dohna Schlobitten, che ricorre a tre «sguardi» di lettura del dipinto.

Lasciando a parte la panoramica sull’artista e sul suo rapporto con la religione e altri capitoli di indole più generale che intrecciano biografia e opere picassiane, due «sguardi» sono riservati proprio alla complessità dei soggetti che popolano quella tavola e i loro risvolti e ricadute nell’esistenza del pittore. Paradossale rispetto al canone figurativo tradizionale è proprio il Cristo minimo, con una testa più piccola delle dita allargate, la bocca è una linea, gli occhi due puntini. Da scoprire sono, poi, gli altri attori, dalla Mater dolorosa a Maria di Magdala, dall’apostolo Giovanni a Longino che trafigge il costato di Gesù, al boia che su una scala di tredici pioli inchioda la mano destra del crocifisso.

Tanto altro la studiosa decifra e illustra, ma soprattutto interpreta, offrendo un prezioso profilo di Picasso e della sua arte. Noi, però, ci spostiamo alla tappa successiva, la risurrezione. È noto che essa non è descritta nei Vangeli canonici, per cui, il possente e indimenticabile Risorto di Piero della Francesca nella sala dell’antico palazzo comunale di Borgo Sansepolcro è un apocrifo. Fondamentale sono le cosiddette “apparizioni” che hanno diversi destinatari, a partire dalle donne discepole. Uno dei più celebri di questi incontri del Cristo risorto è quello che vede come protagonisti due suoi seguaci dei quali è noto un solo nome, Cleopa.

Siamo sulla strada che da Gerusalemme conduce al villaggio di Emmaus (variamente identificato dagli archeologi), distante – secondo l’evangelista Luca e la sua affascinante narrazione (24, 13-35) – «sessanta stadi» (circa 11 km). A costruire una splendida antologia iconografica di questa scena, che è nella memoria di molti per la dolce invocazione simbolica finale dei due discepoli («Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto») è uno dei maggiori storici dell’arte sacra, François Boespflug, emerito dell’Università di Strasburgo e creatore (con Emanuela Fogliadini) di una Academy for Christian Art.

Egli suddivide il racconto evangelico in 15 micro-scene che l’arte nei secoli ha saputo trasfigurare e in copertina le colloca all’insegna di un poco noto dipinto Sulla strada di Arcabas. Ma la sua selezione parte da lontano, ad esempio, con un mosaico ravennate del 561 in S. Apollinare Nuovo, passando anche attraverso le miniature e le vetrate e vari dipinti straordinari come quelli di Rembrandt (stupenda la tavola del museo Jacquemart-André di Parigi) o del duplice Caravaggio di Brera e della National Gallery londinese, fino a una folla di artisti contemporanei non sempre esaltanti.

Nella sterminata conoscenza di questo studioso e nell’“esegesi” dei vari dipinti affidata a un dettato sempre limpido, una sezione qui – come in altri suoi studi su soggetti biblici – è riservata all’inculturazione nell’arte extra-europea. Così, si ritrovano inattese raffigurazioni dell’episodio di Emmaus in Cina, in Giappone, in India, in Camerun, negli indigeni statunitensi. Ma, a sorpresa, egli introduce anche scene atipiche come «quando uno dei due discepoli di Emmaus è una donna»…