La modernità delle parabole di Gesù

Le parabole sono racconti simbolici narrati da Gesù nelle pagine dei Vangeli. Queste storie comunicano i messaggi di Cristo tramite episodi di vita quotidiana. La stessa parola parabola deriva dal greco “parabolé” e significa confronto o allegoria.

Molti di questi racconti sono ricorrenti in più Vangeli, specialmente all’interno dei tre sinottici (i Vangeli di Marco, Luca e Matteo). Alcune parabole sono diventate celebri entrando nel linguaggio e nell’immaginario collettivo. È comune, infatti, sentire espressioni come “figliol prodigo”, “buon samaritano” o “mettere zizzania”, che riguardano aspetti dell’umanità senza tempo.

Le già citate parabole del figliol prodigo (Luca 15,11-32) e del buon samaritano (Luca 10,25-37) sono storie di umanità e misericordia. Il primo racconto fa comprendere il significato del perdono e dell’amore paterno. In questa storia si narra di un uomo con due figli, il secondogenito chiede la sua parte dell’eredità per allontanarsi di casa e andare a vivere una vita dissoluta. Quando costui sperpera tutti i beni e cade in disgrazia, torna dal padre che lo accoglie con affetto ed entusiasmo, uccidendo addirittura il vitello grasso per festeggiare. Il senso della storia si trova nella risposta che il Padre dà al primogenito rimasto fedele nel tempo. Quando quest’ultimo fa notare che in anni di obbedienza non ha mai ricevuto onori come quelli del fratello, il padre spiega: «Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato». Queste parole rappresentano la misericordia di Dio e la redenzione.

La parabola del buon Samaritano invece trasmette il messaggio di quella la Legge indicata nei Testi Sacri: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». La storia infatti narra di un samaritano, una popolazione ritenuta all’epoca di Gesù eretica se non addirittura pagana, che aiuta e cura un uomo derubato e ferito dai briganti per la strada. Quel samaritano dimostra più amore e compassione di un sacerdote e di un levita che avevano già incontrato per la strada quel bisognoso ignorandolo. Il Samaritano, visto come un emarginato sociale, diventa così simbolo di giustizia e di amore verso il prossimo.

Una storia attribuita a Gesù che sorprende per la brillantezza nel comunicare è la parabola della casa sulla roccia, riportata dai Vangeli di Matteo e Luca. Il Salvatore, parlando della solidità dei suoi insegnamenti, spiega: «Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande» (Mt 7,24-29).

La modernità di questo racconto risiede non solo nel contenuto, ma anche nell’efficacia dell’allegoria. Questo modo di comunicare tramite metafore viene spesso ripreso da Papa Francesco. È il Santo Padre che, per trasmettere concetti in maniera diretta, ha usato espressioni come: la “Chiesa babysitter”, il “dio-spray”, il confessionale che “non è una tintoria”, le suore che devono essere “madri e non zitelle” e “cristiani da salotto”.