Adozione, i confini della legge e quelli dell’affetto

Il tema delle adozioni è una questione sempre attuale e dibattuta. I bambini hanno bisogno di amore e di attenzioni ma, nonostante ciò, le adozioni sono in decrescita. I dati più recenti disponibili sono quelli della CIAI (Centro Italiano Aiuti all’Infanzia) sulle adozioni dall’estero. Questi dati parlano di 478 adozioni internazionali nel 2023, 565 nel 2022 e 563 nel 2021. Con questi numeri l’Italia è il secondo paese al mondo per accoglienza di minori stranieri dopo gli Stati Uniti.

Recentemente la Corte Costituzionale ha aperto alla possibilità di non recidere i rapporti tra i minori adottati e la loro famiglia biologica. Si tratta dell’“adozione aperta”, che prevede l’interruzione dei legami giuridici con la famiglia d’origine, ma non di quelli affettivi. E così ad esempio, il giudice, per il bene del minore, potrà decidere di conservare alcuni rapporti, come quello con un nonno.

Il tema è centrale e naturalmente ha contribuito a riaccendere il dibattito sulle adozioni.

Elisabetta Lamarque, professoressa ordinaria di Diritto costituzionale dell’Università della Bicocca, ha fatto notare come questo pronunciamento della Corte Costituzionale vada a valorizzare il principio personalista. Si tratta di uno dei principi fondamentali Costituzione che era stato fortemente voluto sia da padri costituenti democristiani (come Moro e La Pira) sia dalla sinistra di Togliatti. Il principio personalista vuole che la sfera dei pubblici poteri sia integralmente al servizio della persona umana definita, non tanto come individuo singolo ma piuttosto in relazione con gli altri, nelle relazioni personali.

La Lamarque ha dunque sottolineato come «la Corte Costituzionale ha stabilito che quando le relazioni affettive con alcuni dei membri della famiglia biologica sono significative, si devono recidere solo i rapporti giuridici con la famiglia di origine. E quelle relazioni significative del minore adottato devono essere mantenute dai servizi sociali su indicazione del giudice che dispone l’adozione». Alla base di ciò, c’è l’idea che le relazioni personali affettive costituiscono l’identità della persona e il pubblico potere non può far altro che riconoscerle e garantirle.

Antonella Brambilla, già magistrato presso il Tribunale per i Minorenni di Milano, ha fatto invece notare che originariamente l’adozione era finalizzata a dare figli a chi non poteva averne per garantire una discendenza. La Brambilla spiega come «la legge 184 – sull’adozione dei minorenni – risponde al diritto di dare una famiglia al minore abbandonato e non come prima un diritto al figlio. Il senso della rescissione dei rapporti con la famiglia di origine era quello di dare lo status di figlio legittimo e di accertare pubblicamente lo stato di abbandono».

Il magistrato per i minori ha poi sottolineato come il problema risieda nel rapporto fra la norma e la discrezionalità del giudice. «Se si limita questa apertura al caso eccezionale (per esempio di bambini grandicelli che hanno rapporti con la nonna o i parenti) – ha proseguito – è un conto. Ma se la decisione sull’adozione aperta è presa, caso per caso, dal giudice secondo la propria sensibilità ogni tribunale rischia di avere le proprie prassi».

«Inoltre – aggiunge la Brambilla – ci sarebbe bisogno di un accompagnamento post-adozione che non è previsto. Con il rischio di affaticare il minore e le famiglie. Di creare una confusione che acuisce le ferite invece di sanarle».

Il tema delle adozioni e del rapporto tra bambini e genitori adottivi è particolarmente caro alla Chiesa. Papa Francesco, in un’udienza del gennaio 2022, ha spiegato: «Non basta mettere al mondo un figlio per dire di esserne anche padri o madri. Padri non si nasce, lo si diventa. E non lo si diventa solo perché si mette al mondo un figlio, ma perché ci si prende responsabilmente cura di lui. Tutte le volte che qualcuno si assume la responsabilità della vita di un altro, in un certo senso esercita la paternità nei suoi confronti». In questa occasione il Santo Padre ha ricordato il rapporto tra Gesù e San Giuseppe che «giuridicamente è il padre, ma non generativamente, non l’ha generato».

Il Papa ha dunque ribadito come «questo tipo di legame non è secondario, non è un ripiego. Questo tipo di scelta è tra le forme più alte di amore e di paternità e maternità. Quanti bambini nel mondo aspettano che qualcuno si prenda cura di loro! E quanti coniugi desiderano essere padri e madri ma non riescono per motivi biologici; o, pur avendo già dei figli, vogliono condividere l’affetto familiare con chi ne è rimasto privo. Non bisogna avere paura di scegliere la via dell’adozione, di assumere il “rischio” dell’accoglienza».